Cratere a volute protoitaliota a figure rosse con raffigurazione di Dioniso
Funzione: Vaso per contenere e mescolare vino.
Datazione: Fine V secolo a.C.
Attribuzione: Pittore delle Carnee.
Misure: altezza: cm 82,8; diametro orlo: cm 47; diametro piede: cm 22,7.
Provenienza: Ceglie del Campo, Via G. Martino.
Epoca del rinvenimento: 1898.
Luogo di conservazione: Museo Archeologico Nazionale di Taranto (8263).
Descrizione
Lato A
Corteo dionisiaco (thìasos). Dioniso, seduto su una roccia, osserva la danza che si svolge davanti ai suoi occhi. Il dio ha il capo coronato da una benda decorata con palmette che ricade sulle spalle; il petto è nudo mentre le gambe sono avvolte da una morbida stoffa che scende in pieghe verso il basso; indossa calzari di foggia orientale. Sulla spalla del dio è poggiato il tirso fiorito, mentre dalla mano sinistra penzola, mollemente, una tazza per il vino (kàntharos).
Di fronte a Dioniso, danza una menade, accompagnata da una suonatrice di doppio flauto. Alle spalle di questa scena è raffigurata Artemide mentre solleva con la mano destra una torcia e con la sinistra tiene un vaso rituale (situla). La composizione è completata da un satiro barbato con corona di edera e tirso, pigramente appoggiato ad un pilastrino.
Lato B
Nel registro superiore: Perseo mette in fuga i sileni mostrando la testa di Medusa. Nel registro inferiore: scena di danza rituale in occasione delle feste Carnee. Queste festività, legate in particolare alle popolazioni di stirpe dorica, erano celebrate a Sparta in agosto in onore di Apollo. Al centro della scena, una danzatrice ruota vorticosamente facendo sollevare la veste; accanto a lei un danzatore nudo con copricapo radiato. Sulla scena compaiono anche un suonatore di doppio flato insieme ad altri personaggi; tra questi due giovani: uno ammantato e l’altro con capo avvolto da bende e un ampio copricapo.
La decorazione accessoria in nero riserva una fascia di ovuli sull'orlo, una baccellatura sulla spalla; e un motivo a meandro lungo il margine inferiore della grande scena figurata; tralci di edera stilizzati corredano le volute insieme a decorazioni minori all’attacco delle anse. La decorazione minore risparmiata è destinata alla raffigurazione di palmette alternate a fiori di loto sul labbro e al di sotto di questo un tralcio di edera decora la fascia superiore del collo; sotto le anse, palmette e girali decorati. Con la tecnica à la barbotìne sono stati trattati i dettagli del tirso fiorito di Dioniso, le collane e i braccialetti delle menadi e le borchie che impreziosiscono la cintura e i calzari della dea Artemide.
Il bel cratere è attribuito al Pittore delle Carnee, artigiano di tradizione protolucana. Il nome gli deriva proprio dalla scena riprodotta sul Lato B del vaso che mostra scene tratte dalle celebrazioni delle festività delle Carnee, celebrate anche in alcune località magnogreche come Thurii (Basilicata). All’attività del ceramografo, che non sembra attivo oltre la fine del V sec. a.C., si attribuisce un altro cratere a volute conservato nel Museo Archeologico di Bari (inv. 7694).
Bibliografia
- Labellarte M., Via Giuseppe Martino, in Andrassi G., Radina F. (a cura di), Archeologia di una città. Bari dalle origini al X secolo, Catalogo della Mostra (Bari 1988), Bari 1988, pp. 312-314 (con ampia bibliografia di riferimento).