Cratere a mascheroni apulo a figure rosse
Funzione: Vaso per contenere e mescolare vino.
Datazione: metà IV secolo a.C. ca.
Attribuzione: Pittore dell’Orfeo di Milano.
Misure: altezza: cm 64,5 cm; diametro orlo: cm 36,8 cm; diametro piede: cm 20,5 cm.
Provenienza: Ceglie del Campo, Vico II Loseto.
Epoca del rinvenimento: 1906.
Luogo di conservazione: Museo archeologico di Bari (inv.4399)
Descrizione
Lato A
Decorazione accessoria: sulle volute, mascheroni femminili a stampo, sovra dipinti in bianco e giallo; sul labbro, fascia decorata con ovuli e, al di sotto, foglie d’edera cuoriformi; sul collo, in alto, fascia decorata con due rami d’alloro convergenti verso il centro; in basso, scena figurata con cerbiatto in fuga tra un leone e un grifo; sotto le anse, motivo di palmette doppie con girali.
Decorazione principale: scena di battaglia tra dèi e Giganti (Gigantomachia). La complessa raffigurazione è resa attraverso la composizione di due gruppi formati da tre figure, distinguibili dalla presenza al centro della scena di un sottile arbusto d’ulivo e di un leone. A sinistra, Dioniso aggredisce un gigante, tenendolo per i capelli mentre solleva il braccio destro per colpirlo con il tirso, il lungo bastone nodoso attributo tipico del dio. Dioniso è vestito di corta tunica provvista di maniche, riccamente decorata; indossa alti calzari e la testa è cinta da una benda, detta tenia. Accanto a Dioniso, un giovane satiro, nudo, con due fiaccole. La terza figura, in atto di soccombere, è un gigante rappresentato come un giovane, nudo; attorno al braccio sinistro, sollevato, è avvolta la pelle di un animale che, a partire dal V secolo a.C., identifica l’iconografia del “Gigante selvaggio”. Il gruppo di figure sulla destra è disposto in maniera analoga al primo. In basso, un gigante è abbattuto da Atena ed Eracle. La dea impugna la lancia con la mano destra, indossa l’elmo e veste una veste (chitone) ricamata sulla quale è posta l’egida: indumento protettivo, attributo caratteristico di Zeus e di Atena, che dall’età arcaica assume nell’iconografia la forma di piccolo mantello provvisto di frange. A destra, Eracle, con la pelle di leone (leontè) sulla spalla, tiene la clava nella mano destra e l’arco nella sinistra. Tra i due personaggi divini, l’elemento lanceolato rappresenta il fulmine di Zeus che sta per colpire il gigante.
Lato B
Decorazione accessoria: sulle volute, ramo d’edera sovra dipinto in giallo; sul labbro, fascia decorata con ovuli; al di sotto, fascia decorata con due rami d’alloro convergenti verso il centro; sul collo, in alto, fascia con foglie d’edera cuoriformi; in basso, leone e grifo affrontati a un fiore campanulato su stelo ondulato; sotto le anse, motivo di palmette doppie con girali.
Decorazione principale: scena dionisiaca. Al centro, seduto, Dioniso è raffigurato in nudità: porta una benda attorno al capo; con la mano sinistra sorregge e si appoggia al bastone (tirso), mentre nella destra regge una tazza per il vino (kantharos). Dinanzi al dio un giovane satiro indossa una corona di foglie; reca nella mano sinistra una fiaccola e nella destra una situla, un vaso metallico (di rado fittile), di forma troncoconica (utilizzato per contenere e trasportare liquidi). All’esterno della scena, a sinistra e destra, giovani donne seguaci del culto dionisiaco (menadi) danzanti. Una, alle spalle del dio, veste un chitone leggero sul quale indossa la pelle di leopardo (pardalis); con la mano destra, alzata, tiene una spada, con la sinistra un leprotto. La seconda menade, alle spalle del satiro, veste un leggero chitone privo di maniche; danza, mentre tiene con la mano destra il timpano.
Dal punto di vista iconografico, gli studiosi che si sono occupati della raffigurazione presente sul lato principale del cratere (von Salis, Vian, Schmidt, Paribene) ne hanno sottolineato l’originaria dipendenza dalla raffigurazione interna presente sullo scudo della statua dell’Atena Parthénos realizzata da Fidia per il Partenone. Nel caso del cratere apulo, l’artigiano ha tradotto e semplificato schemi iconografici particolarmente diffusi, spesso con varianti, che circolavano tra le maestranze attraverso disegni preparatori utilizzati per riportare la traccia della decorazione finale sulla superficie dell’opera finale.
A causa delle caratteristiche presenti nelle raffigurazioni di entrambi i lati, il cratere di Ceglie del Campo è stato attribuito da A. Trendall al Pittore dell’Orfeo di Milano, artigiano vicino alla bottega del Pittore di Licurgo. A quest’ultimo e alla cerchia dei suoi stretti collaboratori si devono importanti esempi della produzione dello stile “ornato”. I vasi di questo gruppo sono per lo più databili intorno alla metà del IV secolo (360-340 a.C.).
Bibliografia
- Marin M. M., Cassano Moreno R., Fornaro A., Chelotti M., Ceglie Peuceta I, Bari 1982, pp. 194-196.
- Trendall A.D., Cambitoglou A., The red-figured vases of Apulia 1, Oxford 1978, pp. 421, n. 44.